La Corte di Cassazione, con sentenza n. 481 dell’11 gennaio 2018, ha chiarito che a un atto di riconoscimento del debito si applica l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro.
Nell’ordinanza citata, la Cassazione osserva che l’atto di ricognizione del debito e la promessa di pagamento sono atti privi di effetti sostanziali, dato che si limitano a produrre un effetto processuale, e cioè l’inversione dell’onere della prova circa l’effettiva esistenza di un titolo da cui origini il debito: «con la ricognizione di debito, il debitore di un rapporto obbligatorio dichiara di riconoscere l’esistenza del debito, dispensando il creditore a favore del quale è fatta, dall’onere di provare il rapporto fondamentale, l’esistenza del quale si presume fino a prova contraria».
Dunque, dato che la ricognizione di debito ha unicamente natura dichiarativa, alla stessa non può essere applicata l’imposta di registro proporzionale del 3%, propria degli atti aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale.
Trattandosi quindi di una «mera dichiarazione di scienza in relazione alla sussistenza di un rapporto preesistente nascente da pregressi contratti stipulati tra le parti, per cui la medesima non ha creato una nuova obbligazione … è applicabile la norma concernente le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale» a cui è applicata l’imposta in misura fissa (ad oggi pari a 200 Euro).