La riforma delle sanzioni amministrative ha chiarito il trattamento della compensazione di crediti inesistenti. La sanzione dal 100% al 200%, risulta applicabile solo qualora la violazione non sia riscontrabile con le procedure di controllo della dichiarazione; in quest’ultima eventualità, invece, troverà applicazione la sanzione ordinaria del 30%.
La nuova normativa stabilisce che se è inesistente il credito in relazione al quale manca in tutto o in parte il presupposto costitutivo, deve in ogni caso trattarsi di inesistenza non riscontrabile mediante i controlli formali o la liquidazione delle dichiarazioni.
Ciò che rileva, al fine di individuare il corretto trattamento sanzionatorio, non è la procedura di accertamento che in concreto è stata adottata dal fisco, ma la tipologia di violazione, considerata sotto il profilo esclusivamente oggettivo: se si tratta di violazione astrattamente riconducibile ai controlli formali, la sanzione è sempre del 30% e non è mai applicabile il termine lungo di otto anni (e inoltre è abolita l’aggravante della sanzione del 200%, in presenza di somme compensate maggiori a 50.000 euro).
Sostanzialmente, risulteranno sanzionabili con la misura aggravata solo i comportamenti fraudolenti, che si traducono, ad esempio, nella creazione artificiosa di crediti d’imposta in sede di compilazione del modello F24 oppure nella redazione di documenti falsi.
La nuova disciplina trova applicazione anche per le violazioni pregresse, in virtù del principio del favor rei, con il solo limite della intervenuta definitività dell’atto. Ne consegue che se l’agenzia delle Entrate ha contestato in passato con l’avviso di recupero la violazione in esame, irrogando la sanzione del 100% pur in presenza di una contestazione oggettivamente riscontrabile con il controllo della dichiarazione, la stessa dovrà essere ridotta al 30%.