La questione relativa alla deducibilità dei compensi attribuiti agli amministratori delle società di capitali è da sempre oggetto di discussione e di contenzioso tra la pubblica amministrazione e i contribuenti.
Prendendo spunto dai più recenti orientamenti della Corte di Cassazione si può illustrare quanto segue.
- compensi erogati ma non deliberati dall’assemblea sociale, né determinati nello statuto:
La Cassazione ha costantemente affermato che i compensi non sono deducibili perché non risultano obiettivamente determinabili. Inoltre, nella sentenza 21933/2008, è stato stabilito come gli stessi debbano essere restituiti dagli amministratori alla società.
- compensi erogati a seguito di corretta delibera assembleare, ma di importo superiore a quello di mercato
La risoluzione 113/E/2012 dell’Agenzia delle Entrate ha previsto come sia possibile disconoscere la deducibilità dei compensi nei casi in cui gli stessi appaiano «sproporzionati». Anche la Cassazione, dopo iniziali contrasti interpretativi, ha sancito la possibilità di esercitare questo potere.
- compensi erogati e deliberati da assemblea tenuta nel periodo successivo a quello di erogazione
Con la recente sentenza n. 21953/2015 la Cassazione ha affermato che se alla chiusura dell’esercizio non è ancora possibile quantificare il compenso, la deduzione dello stesso è differita al successivo periodo in cui l’ammontare viene «esattamente definito» in sede di delibera assembleare.
Da quanto illustrato emerge dunque come per potere risultare deducibili i compensi degli amministratori delle società di capitali debbano rispettare i seguenti requisiti:
- essere deliberati da assemblea dei soci tenuta nel medesimo anno in cui i compensi sono erogati e dedotti;
- essere di importo congruo in relazione alle dimensioni ed all’attività sociale.