Il D.Lgs. 147/2015 (c.d. decreto Internazionalizzazione) ha previsto che, a partire dall’esercizio 2016, le rinunce ai crediti vantati dai soci verso la partecipata (che finora non avevano mai avuto rilevanza fiscale) si considerano imponibili per la parte eccedente il relativo valore fiscale.
Se un socio acquista il credito di 100, vantato da un terzo verso la partecipata, ad un prezzo inferiore al nominale (ad esempio 40), e vi rinuncia, la differenza (nel caso 60) diviene tassabile.
La novità descritta avrà certamente un impatto negativo sulle procedure legate alla crisi di impresa (ristrutturazioni, risanamenti, concordati preventivi), nelle quali i soci, per favorire il buon esito della procedura stessa, procedano all’acquisizione di crediti (usualmente ad un prezzo inferiore al nominale), per poi rinunciarvi. Tale procedura, che fino all’esercizio attualmente in corso non aveva alcuna rilevanza fiscale, dall’anno prossimo (2016) genererà un importo imponibile.
La nuova normativa, inoltre, non ha un impatto solo per le operazioni in cui il socio rinunci ad un credito acquisito ad un importo inferiore al nominale, ma anche nei casi (molto frequenti), in cui la rinuncia riguardi un credito diretto, o avvenga comunque per un valore pari a quello nominale.
In tal caso è infatti previsto che il socio debba comunicare alla partecipata (al momento della rinuncia), con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, il valore fiscale del proprio credito.
Qualora tale adempimento fosse omesso, tutto l’importo del credito rinunciato risulterebbe tassabile.
E’ quindi necessario integrare i modelli utilizzati per le comunicazioni di rinuncia al credito (finanziario o commerciale) da parte del socio, inserendo la necessaria dichiarazione sostitutiva di atto notorio circa il costo fiscalmente riconosciuto e prevedendone l’invio tramite Pec o altro sistema che possa garantire la data certa.