La Corte di cassazione con la sentenza n. 29885, quinta sezione penale, depositata il 15/6/2017 ha chiarito che la mancata svalutazione nel bilancio dell’esercizio di un credito inesigibile rappresenta una fattispecie di falso in bilancio tale da aggravare il dissesto dell’impresa e rappresentare per l’imprenditore la responsabilità per bancarotta e quindi la sua condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale, bancarotta impropria da falso in bilancio e bancarotta semplice, per avere aggravato il dissesto dell’azienda non richiedendo tempestivamente l’accesso alla procedura fallimentare.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha rilevato che la conservazione, nel bilancio della società poi fallita, di un credito in realtà inesigibile aveva permesso all’impresa di proseguire l’attività senza prendere atto che il patrimonio netto era diventato negativo e che quindi era necessario provvedere alla ricapitalizzazione oppure alla liquidazione.
La Corte chiarisce anche la rilevanza da attribuire ai principi contabili, sottolineando come questi rappresentano criteri tecnici generalmente accettati che permettono una corretta lettura delle diverse voci di bilancio; se nella redazione del bilancio non se ne tiene conto, ne deve essere data adeguata giustificazione nei documenti allegati.
In tal senso si erano già pronunciate le Sezioni unite penali con la sentenza n. 22474 del 2016, con la quale è stata illustrata la rilevanza penale del cosiddetto falso valutativo.