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Martedì, 10 Aprile, 2018
Reati tributari – soglia di punibilità

In data 22/10/2015 è entrata in vigore la riforma del sistema sanzionatorio tributario penale (si vedano le ns. circolari n. 64/2015 del 25/9/2015 e n. 78/2015 del 28/10/2015) che ha tra l’altro previsto la non punibilità degli omessi versamenti delle ritenute, fino a Euro 150.000, e dell’Iva, fino a Euro 250.000, e della dichiarazione infedele di imposte dirette e/o Iva se l'imposta evasa è inferiore o uguale ai 150.000 Euro.

 

In relazione alla normativa in oggetto, la giurisprudenza si è negli ultimi anni occupata dell’applicazione alla stessa dell’articolo 131-bis del codice penale, introdotto dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, che prevede che: “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, ..., l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

 

La sentenza della Corte di Cassazione, n. 14595/2018 del 30/3/2018 ha stabilito che la non punibilità per particolare tenuità del fatto in caso di mancato versamento dell’Iva è applicabile solo se l’omissione è vicinissima alla soglia di punibilità.

Nel caso concreto, lo sforamento di circa 4.500 euro dalla soglia fissata per la rilevanza penale, non ha consentito di applicare la non punibilità.

 

La Corte ha chiarito che è possibile applicare la previsione di cui all’articolo 131-bis C.p. in caso di evasione dell’imposta sul valore aggiunto, ma, essendo il grado di offensività che dà luogo al reato già stato stabilito dal legislatore nella misura di 250.000, perché il superamento della soglia sia non penalmente punibile occorre che il danno sia esiguo secondo il significato letterale del termine, ovvero sia “scarso, trascurabile, quasi insignificante”. Nel caso specifico lo scostamento di 4.500 non è stato ritenuto esiguo.