abbiamo trattato l’argomento relativo al regime c.d. “forfetario” nelle ns. Circolari n. 72/2018, n. 69/2018, n. 5/2019, n. 13/2019, n. 23/2019, n. 30/2019, n. 31/2019, n. 69/2019 del 5/11/2019, n. 79/2019 del 18/12/2019 e n. 15/2020 dell’11/2/2020).
Nella presente si segnalano alcune casistiche, connesse all’esistenza, nell’anno in corso o in quello precedente, di rapporti di lavoro dipendente e assimilati, o pensionistici.
La lettera d-ter) del comma 57 dell’articolo 1, della legge 190/2014 ha introdotto, tra le diverse cause di esclusione dal regime in oggetto, quella relativa alla percezione, nell’anno precedente, di redditi di lavoro dipendente o assimilati o da pensione eccedenti l’importo di 30mila euro, stabilendo poi che la causa di esclusione non opera e la verifica della predetta soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato nel corso del medesimo anno.
Secondo la prassi redatta nel tempo dall’Agenzia delle Entrate, la causa di esclusione connessa ai rapporti di lavoro dipendente o assimilati:
- non opera se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nel corso dell’anno precedente, sempre che nel medesimo anno non sia stato percepito un reddito di pensione;
- continua a rilevare se il rapporto di lavoro dipendente cessato è stato sostituito da un nuovo rapporto entro la fine dello stesso anno precedente;
- rileva esclusivamente la cessazione del rapporto con riferimento all’anno precedente a quello in cui si intenderebbe fare ingresso nel regime forfettario, non rilevando l’eventuale cessazione nel corso dell’anno stesso; quindi la causa ostativa del superamento dei 30mila euro di lavoro dipendente non viene eliminata se la cessazione è intervenuta non nell’anno precedente ma nell’anno in corso.
La situazione descritta crea un paradosso che è stato evidenziato in un intervento de “Il Sole 24 ore” dell’11/3/2021.
Si pensi infatti al caso di un soggetto che, nell’anno 2020, abbia percepito un reddito di lavoro dipendente di 29.000 euro, e che poi tale reddito si incrementi fino a 32.000 euro al 30 settembre 2021, data in cui il soggetto stesso si licenzia o viene licenziato. In questo caso il contribuente può, sin dal 1° ottobre successivo, aprire partita Iva nel regime forfettario e aderire a tale regime anche nel 2022 perché:
a) nell’anno precedente (2020) il limite non è stato superato;
b) nell’anno in corso (2021) il limite è stato superato ma non rileva grazie alla cessazione del rapporto.
Si ricorda da ultimo che, qualora il soggetto avesse i requisiti per l’ingresso nel regime forfetario, la scelta dell’aliquota di riferimento (15% o 5%) dipende dal fatto che l’attività costituisca o meno «in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni».