L’esame delle nuove disposizioni di riforma del sistema sanzionatorio tributario in vigore dal 1° gennaio 2016 (si vedano le ns. circolari n. 66/2015 del 29/9/2015, n. 87/2015 dell’11/11/2015 e 88/2015 del 1211/2015) impone riflessioni su quale possa essere, a seconda del caso specifico, lo strumento deflattivo del contenzioso più conveniente, tra quelli attualmente disponibili.
In merito si riporta un’interessante casistica tratta da “Il Sole – 24 Ore”.
1) Ravvedimento Operoso
È opportuno procedere con il ravvedimento operoso qualora durante una verifica, l’Amministrazione finanziaria accerti una violazione difficilmente contestabile come, ad esempio, la deduzione di un costo non documentato oppure non inerente. In tal caso, infatti, prima dell’emissione dell'avviso bonario o dell'avviso di accertamento, è possibile presentare una dichiarazione integrativa e versare la maggiore imposta dovuta e la relativa sanzione ridotta nella misura di 1/5 del minimo.
Non è opportuno procedere con il ravvedimento operoso se le violazioni comportano una maggiore imposta non superiore al 3% rispetto a quella dichiarata, e comunque nel limite di 30mila euro. Inoltre, non conviene anche qualora, per esempio, si ravvisi nel PVC incertezza in merito alle violazioni contestate o qualora gli importi da versare siano elevati. In questi casi, infatti, non è sempre chiaro a quale sanzione occorra riferirsi e non è mai ammessa la rateizzazione del pagamento.
2) Autotutela
È opportuno presentare istanza di autotutela nei casi di evidenti errori di calcolo e di altri errori materiali facilmente riconoscibili dallo stesso Ufficio. In tal caso, infatti, il contribuente ha fondate probabilità che l'Ufficio annulli in tutto o in parte l’atto impositivo, senza dover sostenere i costi del contenzioso tributario. Inoltre, nel caso di annullamento parziale dell'atto, sarà sempre possibile beneficiare della riduzione delle sanzioni irrogate nella misura di 1/3 attraverso l’acquiescenza.
Non è opportuno presentare istanza di autotutela nel caso in cui non sussistono evidenti errori, di calcolo o di mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti, commessi dall'Ufficio. La presentazione dell’istanza di autotutela, infatti, non sospende né il termine per il ricorso né quello per la riscossione, con la conseguenza che in caso di mancata impugnazione, l’atto impositivo diventa definitivo. Inoltre, difficilmente potrà essere sindacato il relativo diniego opposto dall'Ufficio.
3) Acquiescenza
È opportuno optare per l’acquiescenza dell’atto impositivo laddove non si ravvisino molte possibilità di difesa e, soprattutto, nel caso di lievi infedeltà e/o comunque di violazioni della stessa indole commesse nel triennio precedente. In tal caso, infatti, la convenienza ad accettare l’atto sta nella possibilità di pagare, anche a rate e mediante compensazione, le sanzioni irrogate in misura ridotta pari a 1/3 e ad evitare l’aumento automatico fino al 50% delle sanzioni in caso di recidiva.
Non è opportuno optare per l’acquiescenza qualora si ritenga di avere dei validi motivi, oltreché inconfutabili giustificazioni, per contestare, in tutto o anche solo in parte, la pretesa erariale. L’acquiescenza, infatti, non consente né di impugnare l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria né di chiedere l’accertamento con adesione. Inoltre, non è opportuno fare acquiescenza qualora le sanzioni siano irrogate in misura superiore al minimo poiché la riduzione di 1/3 si calcola sull’irrogato.
4) Adesione
E’ opportuno presentare istanza di accertamento con adesione qualora si ritenga di poter indurre l’Ufficio a rideterminare la pretesa erariale. In caso di raggiungimento dell’accordo, infatti, il contribuente potrebbe beneficiare della rideterminazione delle maggiori imposte e delle relative sanzioni con riduzione di queste ultime nella misura di 1/3 del minimo. Inoltre, il pagamento può essere effettuato anche a rate e mediante compensazione e consente di evitare l’aumento delle sanzioni in caso di recidiva.
Non è opportuno presentare istanza di accertamento con adesione laddove non si abbiano giustificazioni idonee a rideterminare la pretesa erariale o qualora si intenda beneficiare soltanto della sospensione dei 90 giorni per il termine del ricorso al fine di non rischiare, in caso di impugnazione, la dichiarazione di inammissibilità. Inoltre, nel caso di violazioni della stessa indole commesse per più anni di imposta occorre valutare l’opportunità di fare acquiescenza sull’atto per beneficiare del cumulo giuridico.
5) Mediazione
È opportuno presentare una proposta di mediazione o aderire alla stessa se richiesta dall’Ufficio qualora, alla luce delle violazioni accertate e delle motivazioni addotte nell’atto impositivo, si ritenga difficile la vittoria in sede contenziosa. In caso di raggiungimento dell’accordo, infatti, il contribuente potrebbe beneficiare della rideterminazione delle maggiori imposte e delle relative sanzioni, con riduzione di queste ultime nella misura del 35% del minimo e con possibilità di pagare le somme dovute anche a rate.
Non è opportuno accettare la mediazione se si ritenga di avere buone probabilità di fare annullare l’atto impositivo dal giudice tributario, a fronte di inconfutabili prove che dimostrino l’inesistenza della presunta violazione e/o del consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito che, in casi simili, si è espresso sulla illegittimità dell’accertamento. Inoltre, non conviene la mediazione nei casi di violazioni della stessa indole in più anni di imposta a causa dell’inapplicabilità del cumulo giuridico.
6) Definizione agevolata delle sanzioni
È opportuno definire in maniera agevolata le sanzioni e beneficiare così della riduzione ad 1/3 dell’irrogato qualora le sanzioni siano state comminate nella misura minima e gli importi non siano rilevanti. In caso di definizione agevolata delle sanzioni, infatti, non è ammesso il pagamento rateale. Inoltre, può essere conveniente comunque optare per la definizione agevolata qualora l’esito del giudizio sia comunque incerto e l’Ufficio, in caso di violazioni continuate, abbia applicato correttamente il cumulo giuridico.
Non è opportuno definire in maniera agevolata le sanzioni se si ravvisino comunque circostanze che possano rendere probabile la riduzione delle stesse da parte del giudice tributario a seguito di apposita richiesta in sede di ricorso, come ad esempio nel caso di evidente sproporzione tra violazione commessa e sanzione comminata. Inoltre, occorre tener presente che, in caso di esito favorevole del giudizio sull’imposta accertata, è precluso il rimborso di quanto versato a titolo di definizione di sanzioni.
7) Conciliazione
È opportuno aderire alla proposta di conciliazione se si ravvisino incertezze in merito all’esito del processo tributario o in caso di soccombenza parziale. In caso di accordo, infatti, si avrebbe la rideterminazione della maggiore imposta dovuta e delle relative sanzioni, beneficiando della riduzione di queste ultime nella misura del 40% del minimo, se la conciliazione viene perfezionata entro il giudizio di primo grado o del 50% del minimo in caso di perfezionamento entro il giudizio di secondo grado.
Non è opportuno aderire alla conciliazione giudiziale qualora non si ravvisi una convenienza economica, anche alla luce degli effetti che si avrebbero sui contributi previdenziali, e sussistano fondate ragioni per procedere con il contenzioso tributario. In tal caso, infatti, in assenza di condizioni favorevoli e convenienti, non si tratterebbe di una mera prosecuzione strumentale del processo tributario. Pertanto, il giudice non potrà addebitare le spese del giudizio alla parte che ha rifiutato.