Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione esprime importanti principi in tema di redazione di bilancio. Nel caso in esame una società aveva immotivatamente modificato il piano di ammortamento dei beni strumentali, omettendo di annotare la variazione nella Nota integrativa.
Secondo la Suprema Corte, al contribuente non può essere riconosciuta una piena discrezionalità nel determinare le quote di ammortamento annuo dei beni, variandole di anno in anno.
L’ammortamento non può infatti che uniformarsi al criterio di sistematicità posto dall’art. 2426, n. 2) c.c. Tale norma e i criteri da essa dettati hanno carattere inderogabile, garantendo la funzione di trasparenza propria del bilancio, per assicurarne leggibilità e controllabilità.
I criteri di ripartizione del valore da ammortizzare devono assicurare una razionale e sistematica imputazione del valore dei cespiti durante la stimata vita utile dei medesimi; pertanto eventuali modifiche dei criteri di ammortamento dei coefficienti applicati devono essere giustificate da una valida ragione economica e di esse si deve dare specificamente conto nella Nota integrativa.
Con riferimento al caso di specie, la variazione del criterio di imputazione non è risultata fondata su valide ragioni economiche e non ha trovato alcuna giustificazione nella Nota integrativa al bilancio.
L’omessa indicazione della variazione della quota di ammortamento nella Nota integrativa, poi, non costituisce una violazione meramente formale, ma è direttamente contraria ai postulati di verità e chiarezza nella redazione del bilancio.
Il cambiamento dei criteri di valutazione e, in particolare, il criterio di ripartizione dei valori da ammortizzare, deve avere luogo solo in casi eccezionali; tali cambiamenti incidono sulla residua possibilità di utilizzazione economica del bene, che vanno indicati nella Nota integrativa. A tale proposito, non configurano casi eccezionali quelli legati ad eventuali esigenze della società in tema di ottimizzazione del carico fiscale sul reddito imponibile.
Quindi l’adozione di un criterio di valutazione di un cespite patrimoniale diverso da quello utilizzato negli anni precedenti, violando il principio di continuità dei valori contabili e senza che la Nota integrativa rechi l'adeguata motivazione della deroga, rende nullo il bilancio.