La sentenza 8413/2016 della Corte di Cassazione ha stabilito un principio importante, secondo cui il contribuente soccombente in un giudizio contro Equitalia (o altro ente della Pubblica Amministrazione) non deve pagare anche le spese processuali in quanto l’ente è stato rappresentato in giudizio da un proprio funzionario.
La legge assegna la capacità di stare in giudizio per mezzo di propri funzionari a Equitalia e agli altri enti impositori, Agenzia delle Entrate e enti locali. E’ un’eccezione che deroga all’obbligo generale della difesa tecnica, per cui i contribuenti debbono avvalersi dell'opera di un professionista abilitato.
La Corte chiarisce che, dato che Equitalia o l’ente impositore non sostengono i costi per l’attività di un professionista abilitato, si ha la conseguenza che, se tali enti vincono il giudizio, non hanno diritto a ottenere il rimborso per spese legali in effetti mai sostenute.
Dunque i giudici della Suprema Corte fissano il principio secondo cui, qualora la Pubblica Amministrazione stia in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti e degli onorari di un professionista. In merito, Equitalia deve essere equiparata ad una pubblica amministrazione, considerato che esercita una pubblica funzione di riscossione dei tributi.
La sentenza in esame stabilisce altresì che sono liquidabili a favore dell’ente pubblico solamente le spese che abbia concretamente affrontato nel giudizio e purché risultino da apposita nota, come può accadere nei casi di spese di cancelleria, deposito, contributo unificato, ecc., che, se effettivamente sostenute, vanno invece rimborsate.